Tutti mi conoscono come Buriana, Buriana di Katoteros, ed ho vissuto tanti anni senza conoscere il mio passato, un lungo periodo di vuoto del quale spesso mi domandavo.
Perché iniziavo a ricordarmi solo quasi adolescente nei giardini di Kamras?
Come mai vivevo con mio fratello e la sua schiava, e tutte le mie domande sui miei genitori cadevano quasi nel vuoto o si spegnevano in imbarazzati balbettii che facevano riferimento a viaggi d'acquisizione e rapimenti?
Perché di notte mi svegliavo improvvisamente fradicia di sudore, col fiato corto e l'angoscia di aver subito una grande perdita?
Se finalmente ho trovato tutte le risposte a queste domande lo devo a due botte in testa e alla distruzione di Katoteros causata dal suo vulcano.
Ebbene si, due botte in testa: la prima contro un palo di sostegno della tenda del Magistrato mentre correvo fuori per andare a sedare una nascente rissa, e la seconda elargitami con tanta generosità da una schiava nel tentativo di farmi dimenticare il mio diniego nei confronti dell'intenzione del suo padrone di affrancarla. Da quel momento i miei incubi iniziarono a prendere forma e colore. Iniziai a sognare fiamme, uccisioni, scene di violenza e di morte.
Il mio blocco si sciolse durante l'eruzione e la conseguente distruzione di Katoteros. Nel mezzo di una fitta serie di esplosioni provocate da globi di lava che fuoriuscivano dalla bocca del vulcano, una cadde molto vicina a me e lo choc fu talmente grande che ritrovai quella bambina spaventata che si era persa in un tempo molto lontano.
Nacqui a Lydius nella casa di Seyyal, l'Ambasciatore dell'Ubar Bila Huruma presso quella lontana città del nord. Mia madre era la figlia dell'Amministratore di una piccola città che dominava una fertile vallata sulle montagne di Thentis, una bellezza del nord, con lunghi capelli color del rame ed intriganti occhi verdi. Mio padre invece aveva la pelle color della cannella e proveniva da Schendi.
Nonostante le grandi differenze culturali e di razza si innamorarono, si unirono in Libera Convivenza ed ebbero me: una bimba vivace e curiosa, che crebbe correndo nei giardini di Lydius fino ai quattro anni, quando la famiglia decise di prendere la via per la Giungla di Schendi.
Delunay, così si chiamava mia madre, aspettava un altro bimbo e il desiderio di mio padre era quello che sperava fosse un maschietto, potesse nascere nella casa dei suoi avi, conoscere la sua famiglia e il mitico Ubar Nero. Così partimmo.
Ci imbarcammo a Lydius su una nave che veleggiò senza problemi fino al porto d'arrivo, quello della città di Schendi. Ricordo il mio stupore di bimba nel vedere tutta quella folla colorata che si muoveva lungo le banchine movimentando le merci più disparate, colori, suoni, profumi mai sentiti... e la gente, di tutte le razze, di tutti i colori, vestiti come splendidi pavoni. Saltavo come una forsennata chiedendo ai miei genitori di spiegarmi di questo e di quello, e loro, pieni d'amore e di aspettative mi accontentavano.
Ci unimmo ad una carovana per arrivare alla casa dei miei nonni che vivevano in una tenuta ad un paio di giorni dal porto di Schendi, e accadde ciò che non avrebbe mai dovuto avvenire.
La carovana che portava la famiglia di Seyyal e Delunay verso le sue origini e la corte di Bila Huruma venne attaccata da un gruppo di predoni senza scrupoli, pronti a catturare tutte le donne per venderle sul mercato degli schiavi.
il gruppo di guardie armate che aveva il compito di proteggere la famiglia venne uccisa in pochi ehn, sopraffatta per numero dai fuorilegge. Capii immediatamente che dovevo nascondermi, il senso di autodifesa che è in ognuno di noi scattò subito. Per una volta non mi passò nemmeno per la testa di disobbedire alla mamma rifiutandomi di fare quello che diceva: mi bastò vedere i suoi occhi terrorizzati.